Charlot debutta al cinema: Agli albori del mito di Hollywood, nelle sale vennero proiettate per la prima volta le avventure di un maldestro e adorabile vagabondo; di lì a poco sarebbe entrato nei cuori di tutti, diventando un'icona della storia del cinema e la principale fonte d'ispirazione per i più grandi "maestri del sorriso". Sbarcato negli Stati Uniti nel 1910 al seguito della compagnia teatrale di Fred Karno, Charles Spencer Chaplin iniziò a farsi conoscere nei teatri americani recitando nei panni di un ubriaco elegante, dotato di una straordinaria abilità acrobatica che ne accentuava le movenze buffe. Le gag divertivano molto il pubblico e qualche impresario cinematografico alla ricerca di nuovi talenti. Proprio in quell'anno Hollywood si trasformava da anonimo ranch a distretto della città di Los Angeles. Nel 1911 fu inaugurato il primo studio cinematografico, la Centaur Film Co., cui ne sarebbero seguiti altri a breve distanza. Due anni dopo, qui Chaplin cominciò la sua carriera davanti alla cinepresa. A scritturarlo fu la Keystone che lo fece debuttare in Per guadagnarsi la vita, pellicola in cui impersonava un aspirante giornalista a caccia di scoop. Nel personaggio emergevano in maniera timida alcuni tratti tipici della sua comicità. Deluso dall'esordio, Chaplin si mise a pensare a qualcosa di diverso, facendo appello a tutta la sua inventiva. Un pomeriggio entrò nei camerini e raccolse gli indumenti lasciati dai suoi colleghi, mischiando taglie diverse. Alla fine indossò dei pantaloni cascanti, una giacchetta strettissima e una minuscola bombetta. Completò l'opera applicandosi dei baffetti finti, ridotti a un piccolo ciuffetto. Nacque così la maschera di Charlot. All'inizio di febbraio lo fece debuttare nel cortometraggio Charlot si distingue, in cui il protagonista entrava continuamente nel campo di ripresa di una cinepresa, intenta a riprendere una corsa di macchine per bambini. L'effetto comico era legato al suo atteggiamento irritante nel mettersi al centro dell'inquadratura con pose e smorfie diverse, ignorando i ripetuti tentativi di allontanarlo da parte del regista e del pubblico. Già da qui si evinceva l'influenza dell'attore francese Max Linder, al quale Chaplin rivelò più tardi di essersi ispirato. Al botteghino fu un successone e la Keystone fu tempestata di ordini dai distributori che volevano proiettarlo in giro per il paese. Di qui gli venne proposto di girare altre pellicole, in cui l'attore londinese portò a piena maturazione il genere dello slapstick, la comicità basata sul linguaggio del corpo e sul moto perpetuo dei personaggi, coinvolti in baruffe, capitomboli, torte in faccia e inseguimenti. La sceneggiatura era quasi inesistente e molto era lasciato all'improvvisazione. Alla fine del 1914 era ormai una star, tanto da potersi permettere la libertà di scegliere a quale casa produttrice associarsi. Col tempo la maschera di Charlot acquisì un profilo umano più complesso, unendo l'aspetto esilarante a una forte vena malinconica. Ciò fu evidente nei film che rappresentavano la triste realtà dell'America degli anni Venti e Trenta, dove la figura del vagabondo tormentato dalla sorte simboleggiava i tanti emarginati e diseredati di quell'epoca. Parliamo di capolavori come Vita da cani, L'emigrante, Il monello e La febbre dell'oro, che diedero fama imperitura a Charlot. La sua evoluzione successiva fu quella della denuncia sociale, con l'operaio di Tempi moderni (1936), e della satira politica, attraverso la caricatura di Hitler ne Il grande dittatore (1940, il primo completamente sonoro). Protagonista di 70 film, Charlot portò a Chaplin due Oscar alla carriera, l'ultimo nel 1972, motivato «per aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del Ventesimo secolo» e salutato dalla più lunga ovazione nella storia dell'Academy Awards.
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