La mafia uccide Libero Grassi: Alle 7,30 il silenzio che avvolge via Vittorio Alfieri, nel cuore del centro storico di Palermo, è interrotto da tre colpi di pistola. Due individui scappano e sul marciapiede rimane il corpo senza vita di un uomo. Libero Grassi, titolare dell’impresa Sigma, è assassinato a due passi dalla sua abitazione, per mano della mafia (l’esecutore materiale viene riconosciuto più tardi in Salvatore Madonia) contro cui ha lottato fino alla fine, rifiutandosi di pagare il pizzo e denunciando i suoi estorsori. Il giorno dopo il Corriere della Sera pubblica una lettera, dove accusa le associazioni di categoria di averlo lasciato solo nella lotta al racket delle tangenti imposte a commercianti e imprenditori. Sposato e con due figli, Grassi era diventato un riferimento della lotta alla mafia, in particolare dopo la lettera pubblicata sul quotidiano Il Giornale di Sicilia, in cui affrontava con determinazione gli aguzzini che, sotto la fittizia identità del “ragionier Anzalone”, gli avevano chiesto un contributo di 50 milioni per i carcerati. Lo stesso Grassi aveva contribuito all'arresto dei suoi estorsori fornendo una descrizione dettagliata agli investigatori. Significative le parole dette nel corso di un’intervista per Samarcanda di Michele Santoro: «Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi». Gli sarà unanimemente riconosciuto il merito di aver dato vita alla lotta contro il pizzo, raccolta successivamente da numerose associazioni antiracket ispiratesi alla sua figura. {!} inserisci il box Almanacco nel tuo sito o nel tuo blog
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