Almanacco del Giorno Il Giardino dei Finzi-Contini - Almanacco
Voce dell'Almanacco del 3 marzo, per la rubrica 'Angolo Lettura'. Evento avvenuto 11 anni fa. Questa settimana suggeriamo la lettura del libro "Il Giardino dei Finzi-Contini, scritto da Giorgio Bassani nel 1962. La storia si...

Angolo Lettura

Il Giardino dei Finzi-Contini


domenica 3 marzo 2013 (11 anni fa)

Il Giardino dei Finzi-Contini: Questa settimana suggeriamo la lettura del libro "Il Giardino dei Finzi-Contini, scritto da Giorgio Bassani nel 1962. La storia si svolge a Ferrara, tra il 1938 e il 1941, sfondo una crudele realtà fascista. Un gruppo di giovani ebrei si ritrova escluso dalle biblioteche, dai circoli sportivi e, in generale, dai luoghi di ritrovo pubblici. La nobile e altera famiglia Finzi-Contini mette a disposizione, per i loro incontri, il meraviglioso giardino. Il gruppo riesce a creare, in quel magnifico luogo, un microcosmo a-temporale di amori velati, amicizie e incomprensioni. La storia rappresenta una lucida e sottile denuncia alle leggi razziali e alla brutalità del periodo fascista.
Al libro è ispirato l'omonimo film, di Vittorio de Sica, del 1970 che vinse diversi premi: il David di Donatello e l'Orso d'oro al festival di Berlino, nel 1971, e il premio Oscar come miglior film straniero, nel 1972. Eccone un breve brano: «Volle essere Micol a mostrarmi il giardino. Ci teneva. "Mi sembra di averne un certo diritto" aveva sogghignato, guardandomi.
Il primo giorno, no. Avevo giocato a tennis fino a tardi, ed era stato Alberto, quando aveva smesso di combattere con la sorella, ad accompagnarmi fino a una specie di baita alpina in miniatura, seminascosta in mezzo a una macchia d’abeti e distante dal campo un centinaio di metri (Hutte, la chiamavano lui e Micol), nella quale baita o Hutte, adibita a spogliatoio, avevo potuto cambiarmi, e più tardi, all’imbrunire, prendere una doccia calda e rivestirmi.
Ma l’indomani le cose erano andate in modo diverso. Un doppio che opponeva l’Adriana Trentini e Bruno Lattes ai due quindicenni (col Malnate seduto in cima alla scranna arbitrale a far la parte del paziente conteggiatore di punti) aveva subito la piega delle partite che non finiscono mai.
“Che cosa facciamo?” mi aveva detto a un certo momento Micol, alzandosi in piedi. “Per riuscire a dare il cambio a questi qua, ho l’impressione che io, te, Alberto, e l’amico meneghino, dovremo aspettare un’ora buona. Senti: e se noi due nell'attesa ci pigliassimo su, e andassimo a vedere un po’ di piante?” Non appena il campo si fosse reso libero – aveva aggiunto – ci avrebbe pensato Alberto a riconvocarci.
Si sarebbe ficcato tre dita in bocca, e giù col suo celebre fischio! Si era girata sorridendo verso Alberto che, sdraiato lungo disteso sopra una terza sedia a sdraio col viso nascosto sotto un cappello di paglia da mietitore, sonnecchiava al sole lì vicino.
“Non è vero, signor pascìa?” Di sotto il cappello il signor pascìa aveva assentito con un cenno del capo, e noi ci eravamo avviati. Si, suo fratello era formidabile, continuava a spiegarmi Micol. All'occorrenza sapeva tirar fuori certi fischiacci talmente potenti che quelli dei pecorai, al confronto, erano roba da ridere. Strano, eh?, in un tipo del genere. A vederlo, uno non gli dava quattro soldi. E invece... Chissà mai dove andava a pescarlo quel fiato!».

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