Catastrofe della Val di Stava: Un intero centro abitato e le vite di decine di famiglie furono cancellate in pochi istanti da una valanga di fango e detriti. Quel venerdì mattina dell'estate del 1985, nella comunità di Stava (frazione di Tesero), si materializzò una catastrofe che poteva essere evitata, se solo la sicurezza delle persone fosse stata anteposta alla spietata logica del business. Fin dal Cinquecento la valle di Stava, a sud della provincia di Trento, era stata interessata da una fiorente attività estrattiva, intensificatasi dopo la Seconda guerra mondiale e i particolare negli anni Sessanta. In questo decennio furono realizzati due bacini di decantazione, destinati alla raccolta del materiale di scarto prodotto dalla miniera. L'instabilità degli argini e la natura acquitrinosa del terreno portarono al collasso del bacino superiore e al conseguente cedimento di quello inferiore. Erano le 12:22 del 19 luglio, quando un fiume di fango e detriti si abbatté, alla velocità di 90 km/h, sulle case della sottostante frazione di Stava. In breve tempo, le vite di 268 persone, in maggioranza donne e con esse 28 bambini, vennero spazzate via insieme a case, ponti e alberi. Uno scenario di morte e distruzione, per gravità secondo solo al Vajont in Italia, di cui furono imputate 10 persone tra i responsabili della miniera e i tecnici della Provincia autonoma di Trento, condannate sia per il mancato rispetto degli standard di sicurezza nella realizzazione dei bacini, sia per negligenza nei successivi controlli sulla stabilità degli stessi. {!} inserisci il box Almanacco nel tuo sito o nel tuo blog
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