L’atomica su Hiroshima: Alle 8 di mattina le cucine di Hiroshima sono in piena attività per preparare il primo pasto della giornata. Le scuole sono pronte ad accogliere gli studenti (agosto in Giappone non è un mese festivo) e centinaia di operai varcano i cancelli della Mazda, nota casa automobilistica fondata qui nel 1920. Poco prima la stazione radar ha captato tre velivoli americani entrati nello spazio aereo giapponese. Un numero ritenuto esiguo dalle autorità militari, che decidono di non dare l'allarme aereo. Alle 8.15 circa il bombardiere B-29 Superfortress, ribattezzato Enola Gay (dal nome della madre) dal pilota Paul Tibbets, sgancia Little Boy nome in codice della bomba nucleare all'uranio. Quarantatré secondi dopo, a meno di 600 metri dal suolo, l'ordigno esplode provocando un lampo di luce accecante e un enorme fragore (i giapponesi lo ricordano con l'espressione pika-don, ossia "luce-tuono"). Una potenza esplosiva pari a 13mila tonnellate di tritolo, che in pochi istanti annienta 68mila vite umane e ne ferisce mortalmente circa 76mila. Di alcuni corpi rimane soltanto l'ombra impressa sulle pareti; altri finiscono bruciati, martoriati dalla pioggia radioattiva o sepolti dalle macerie dei 70mila edifici distrutti (il 90% del totale). È il tragico bollettino del primo bombardamento atomico della storia cui, 3 giorni dopo, seguirà quello su Nagasaki. Un'apocalisse che proseguirà con gli hibakusha, i sopravvissuti, il 20% dei quali rimarrà affetto da avvelenamento da radiazioni e da necrosi, portando il numero delle vittime a più di 200mila (solo per Hiroshima). Le autorità giapponesi non si accorgono subito di quanto è accaduto (anche a causa del black out dei collegamenti radio) e solo dopo un volo di ricognizione sulla città si prende coscienza del disastro: un silenzio cupo regna su Hiroshima completamente rasa al suolo e avvolta dalle fiamme. La tesi dell'attacco atomico come unica opzione possibile, per non sacrificare ulteriori vite umane in una complicata operazione militare, sostenuta per anni dagli USA sarà smentita da documenti emersi successivamente. Tra questi, il telegramma inviato da Tokio da un diplomatico tedesco - intercettato dai servizi segreti americani ma tenuto segreto - in cui si parlava di «situazione disperata» e della volontà delle forze armate giapponesi di arrendersi anche a condizioni dure. Ciò sembra suffragare un'altra tesi, secondo cui la decisione di utilizzare l'atomica è stata dettata da ragioni politiche, tese a dimostrare la forza bellica degli Stati Uniti agli occhi degli, allora, "alleati" sovietici. Contro l'orrore delle bombe atomiche si pronunceranno scienziati di fama mondiale, su tutti Albert Einstein che insieme al filosofo Bertrand Russel presenterà a Londra, nel 1955, un manifesto introdotto dalla celebre frase «Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto». {!} inserisci il box Almanacco nel tuo sito o nel tuo blog
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